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Caronia e l'ipertesto narrativo

Page history last edited by Flaminia 14 years, 9 months ago

                                                                                                

Antonio Caronia, in un suo saggio, introduce il concetto di ipertesto partendo dalla nascita del termine e descrivendo il passaggio dall'ipertesto online all'ipertesto offline con l'avvento del World Wide Web.

 

Nel 1992 George P. Landow  introdusse il concetto di “ipertesto” nell'ambito degli studi critico-letterari. Egli istituì una linea genealogica fra testo e ipertesto, sino a definire quest’ultimo come “la più recente estensione della scrittura”. Il termine ipertesto era già stato coniato negli anni ’60 da Theodor Holm Nelson che per ipertesto intendeva “la scrittura non sequenziale”, cioè una scrittura in cui il lettore possa saltare da un brano all’altro del testo, aprire nuove “finestre” su altri testi collegati, tornare indietro, inserire osservazioni, note, varianti. L'applicazione informatica di questi concetti era stato discussa da Nelson in un saggio del 1965: A file structure for the complex, the changing and the indeterminate.

Nel suo libro (“Ipertesto. Il futuro della scrittura”, 1992), Landow discute Afternoon, un racconto di Michael Joyce, uno dei primi e più famosi esempi di ipertesto narrativo. Egli ne mette in luce gli aspetti di novità (la trasformazione del lettore in lettore-autore, il carattere di apertura dell’ipertesto), ma non sembra affatto escludere che l’ipertesto possa misurarsi positivamente con la dimensione della narrazione. Soltanto ne trasferisce in parte la responsabilità dall’autore al lettore.

 

 

Verso la metà degli anni ’90 avviene il passaggio dall’ipertesto offline a quello online. Successivamente, l’introduzione del World Wide Web permette di saltare il problema del supporto (cd rom), e di affidare ad Internet la propria produzione. Nel contatto e nella fruizione online, il navigatore può saltare non solo da una parte all’altra dell’ipertesto, ma anche da quello ad altri ipertesti presenti su altri siti.

La narrativa online permette di concepire una processualità ancora più radicale del tempo narrativo: per esempio un sito in cui l’opera mostri davvero, in tempo reale, il suo carattere di work in progress, anche aprendosi all’apporto del lettore-creatore non più solo nel momento del consumo, ma forse anche in quello della creazione dell’ipertesto.

 

                                                                                                        

 

 

Dopo questa descrizione, Caronia arriva ad una conclusione non del tutto positiva riguardo all'ipertestualità. Egli afferma che ad una lettura più attenta, l’ipertesto, l’ipermedia, la scrittura digitale, non si presentano più tanto come la promessa di un nuovo modo di raccontare, ma piuttosto come il segno di una crisi e una difficoltà del raccontare, che sarebbe legata ad una più generale crisi dell’identità. Tutto ciò che caratterizza l’ipertesto "non appare più come entusiasmante ma, tutto sommato, come innocue estensioni delle precedenti e analoghe attività umane" (Caronia 2004: 246).

 

Caronia riprende anche Walter Ong, il quale aveva riflettuto sulla diversa funzione del racconto nella società ad oralità primaria rispetto a quelle della scrittura. Se il racconto, secondo lo studioso canadese, è infatti un modo di trattare e rielaborare il flusso temporale che struttura l’esperienza umana, “la narrativa è in certo modo più funzionale in quelle a oralità primaria che nelle altre” (Ong, Oralità e Scrittura, 1982). La struttura della narrazione a trama lineare sarebbe tipica, secondo Ong, delle società scritturali e tipografiche, mentre nelle culture orali le narrazioni hanno un andamento ad episodi, collegati tra loro ma non in maniera lineare.

Infine Caronia conclude le sue riflessioni affermando che è evidente che tutto ciò richiama molte caratteristiche degli ipertesti e degli ipermedia, che hanno un inequivocabile rapporto con l’oralità. Ma è anche vero che indietro non si torna. La neo-oralità dell’ipertesto è ormai ineluttabilmente imbevuta di scrittura. E questa ibridazione richiama forse una mutazione della funzione fondante del racconto nella società. 

                                                                                                                                                                                                               >>>

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